The Wilson Project - il Viaggio da farsi Cd Digipack

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I Wilson Project sono un gruppo di giovani ragazzi di Acqui Terme che propongono musica progressive rock originale in italiano. Questo è il loro album d'esordio e si tratta di un concept.

L'album IL VIAGGIO DA FARSI, che si ispira al lancio del Falcon Heavy di Elon Musk, racconta di una donna che lascia la Terra e con essa i suoi affetti per andare su Marte. Cercherà di sopperire alla mancanza del suo mondo, ricostruendone una copia sul nuovo pianeta, ma a volte l'imperfezione della realtà è meno deludente dell'inerte eccellenza della sua replica. Un viaggio non solo fisico ma anche psicologico, una lotta interiore tra la nostalgia del passato e l'entusiasmo per il nuovo.

La musica sente le influenze dal progressive più classico ma con le sonorità e le vitalità della musica moderna. Un prodotto innovativo per una band non ancora ventenne.

FORMAZIONE

Annalisa Ghiazza: voce

Andrea Protopapa: tastiere

Stefano Rapetti: basso

Mattia Pastorino: batteria

Giovanni Giordano: Chitarre

Cosa dicono i nostri clienti...

I giovani Wilson Project presentano il loro album di esordio, rilasciato nel mese di luglio, dal titolo "Il viaggio da farsi", un concept album che sintetizzo nella sua anima estraendo la spiegazione inserita nel comunicato ufficiale: “Ispirata al lancio del Falcon Heavy di Elon Musk, la storia racconta di una donna che lascia la Terra e con essa i suoi affetti per andare su Marte. Cercherà di sopperire alla mancanza del suo mondo, ricostruendone una copia sul nuovo pianeta, ma scoprendo che a volte l'imperfezione della realtà è meno deludente dell'inerte eccellenza della sua replica. Un viaggio non solo fisico ma anche psicologico, una lotta interiore tra la nostalgia del passato e l'entusiasmo per il nuovo.” Scopriamo qualcosa in più della band piemontese attraverso il compendio della loro biografia… Wilson Project sono un gruppo di Acqui Terme che propone musica progressive rock originale in italiano. I quattro componenti, che hanno in media 21 anni, si sono incontrati nel corso di questi anni, fino ad approdare al loro attuale progetto. Oltre a lavorare su musica originale, sin da subito è stato stretto il legame con la musica prog italiana, tanto da volerne assaporare ogni singola sfaccettatura. È così che hanno iniziato un lavoro di studio ed esecuzione dal vivo dei brani tratti dai primi due album della PFM, band di loro grande influenza, che li ha portati fino ad aver l’occasione di suonare questi con Giorgio “Fico” Piazza, bassista storico e fondatore della Premiata Forneria Marconi. Nel tempo si sono avvicinati anche alle sponde del progressive rock inglese, esibendosi in live con cover di altre due band di loro attuale riferimento quali Genesis ed ELP. Leggere l’età media di questi musicisti - 21 anni - e associare una passione per il progressive rock, mi regala la speranza che non tutto sia perduto, e non per trincerarmi all’interno del mio mondo protetto, quello forzatamente condizionato dal momento formativo, ma perché esiste la quasi certezza che il prog sia musica per la mente e che quindi esista uno spazio giovane in cui c’è voglia di perlustrare anfratti, di aumentare il tempo di concentrazione, di riflettere, di comparare le articolate trame progressive con la semplicità e la banalità di quanto passa il convento oggigiorno. Ed è quindi con curiosità ed entusiasmo che mi sono approcciato al loro disco, “Il viaggio da farsi”. Arriva lo start con “Intro”, 50 secondi di effetti conditi da puntina vinilica graffiante, tanto per far comprendere l’ambientazione musicale settantiana. Lo scatto arriva con “Non pensare vai”, e il biglietto da visita fa emergere l’amore dichiarato, con trame ariose, cambi di tempo e vocalizzazioni - e certi stacchi - che mi hanno riportato al mondo “YES”. Facile abbinare le atmosfere sonore al messaggio, quell’esortazione a partire lasciandosi alle spalle il passato: disegnare musicalmente il viaggio e i sentimenti che lo animano non è cosa da poco! Emergono skills personali importanti e una voce già matura per poter fare da driver. Il terzo episodio si intitola “Come mi vuoi” e prevede una prima sezione molto complessa e variegata, dove il classico rivisitato dalla tastiera si miscela alla conduzione vocale e alla solista che a tratti duetta col synt, sino ad avere il sopravvento. A metà strada le acque si calmano, almeno per un po', sino a quando la sezione ritmica emerge e disegna tempi… inusuali per i comuni mortali! Coinvolgente! La prima parte di “Complice innocente” è uno strumentale struggente che aumenta di ritmo mano a mano che ci si avvicina all’entrata vocale di Annalisa Ghiazza, e nel farlo disegna scenari distopici e oscuri. Una seconda parte più melodiosa e intimistica termina la sua ascesa, rilasciando un senso elegiaco che non può lascare indifferenti. “È stato un errore” è un brano breve ma che regala un’altra chiave di lettura dei Wilson Project che, pur presentando nella parte finale un largo respiro sognatore, riescono a dare esempio di particolare groove, quasi un funky con varianti moderne e una concatenazione di suoni ripetitiva e positivamente ossessionante. “Ingannando i miei sensi” mi ha dato l’impressione di essere tra le più vicine al prog italiano originario, voce compresa. Una costruzione che a me pare molto complessa, partendo da una sorta di marcia che evolve rapidamente, con lo sguardo rivolto alla prima PFM. Ma non esiste un'unica via da percorrere, i cambi di direzione sono continui e ad ogni girar d’angolo ci si aspetta la novità! Pregevole. “Quando cerchi di respirare” è caratterizzato, come un po’ tutto il disco, da sorprese, da movimenti che, in questo caso, uniscono il senso del viaggio e della speranza, con la sottolineatura del pianoforte che fa da regia e sottofondo allo stesso tempo. Ma il rock, anche duro, arriva, e si apre alle accortezze prog, quelle che mirano ad esaltare il dettaglio, a inserire il particolare di pregio in un contesto dal sapore ritmico complesso. Un sample di cosa possa essere l’unione perfetta tra lirica e suoni che, a questo punto, appaiano avanguardistici. “Se solo avessi un’anima”, vissuto dall’esterno, almeno inizialmente, sembra più lineare, una calma controllata che però potrebbe esplodere improvvisamente, cosa che accade puntualmente dal secondo minuto, e la solista di Giovanni Giordano conclude virtuosisticamente il momento sognante e stellare. Con “Un gioco” ci si avvicina alla fine del viaggio, e se non fosse per certi tempi composti - un plauso alla sezione ritmica formata da Stefano Rapetti al basso e Mattia Pastorino alla batteria - si potrebbe pensare che ci sia persino spazio per la “forma canzone”; certo è che colpisce il mix tra complessità ricercata e una proposizione vocale popolare presente in Italia, forse, anche nell’era che precede il movimento progressive. Una grande dimostrazione di ecletticità! E arriviamo alla fine del percorso con la title track, “Il viaggio da farsi”, quando la nostalgia per ciò che è rimasto indietro svanisce al cospetto del vivere la novità, una sorta di rinascimento inaspettato. Un disco prog che si rispetti non può vivere senza la sapienza creativa e strumentale delle tastiere intese nel senso più ampio possibile, e occorre sottolineare le competenze e il gusto di Andrea Protopapa, una bella sorpresa. Un altro pezzo di bravura per arrivare alla fermatura del cerchio, e il mio elogio è riferito soprattutto alla capacità di unire un messaggio metaforico e pesante a musiche che perfettamente gli si adattano, anche se mi è oscuro il ciclo creativo della band: si costruisce un abito ad hoc ad un test scritto o… l’esatto contrario? Qualunque sia l’iter realizzativo, l’ultimo brano sancisce il mio pensiero che, a questo punto, dovrebbe essere chiaro. Una bella sorpresa per un pugno di ragazzi che potrebbero darci un bel po’ di soddisfazioni, mantenendo la barra dritta verso l’impegno creativo e la qualità conseguente. ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~ Recensione di Athos Enrile su MAT2020 https://athosenrile.blogspot.com/2022/08/wilson-project-il-viaggio-da-farsi.html
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