THE WORM OUROBOROS - Of Things That Never Were

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Dalla lontana Bielorussia arrivano i The Worm Ouroboros (nome tratto da un romanzo di Eric Rucker Eddison del 1922), band che si aggiunge ai connazionali Rational Diet (i più conosciuti) e Five Storey Ensemble, mostrando che anche in terre non proprio famose quando si parla di prog, ci sono gruppi che germogliano, hanno idee ed abilità. Of Things That Never Were per stile si avvicina parecchio alla scuola britannica, quindi i canoni espressivi non sono certamente quelli dei gruppi sopracitati, ma i motivi di curiosità sono comunque parecchi. Un contributo Rational Diet c’è a dire il vero, ossia la presenza di Vitaly Appow ai fiati, ma il vero protagonista e leader indiscusso della formazione è Sergey Gvozdykevich, autore, bassista, chitarrista, flautista e cantante nelle poche parti vocali presenti. Bravi anche gli altri membri, non dei comprimari ma musicisti di valore assoluto, come la sezione ritmica formata da Eugene Zarkhin alla batteria e Alexey Zapolsky al basso e il chitarrista Vladimir Sobolevsky. Tutto l’album, per buona parte strumentale, è un richiamo alla scena di Canterbury di Camel e Caravan, ma uno sguardo viene poggiato anche su Genesis e King Crimson. Ovviamente novità di sorta non sono presenti ma le tracce del disco sono tutte di buon livello e onestamente la sensazione di dèjà vu viene sommersa da brani piacevoli e ben amalgamati. Trovarci di fronte a situazioni piuttosto peculiari del genere non è però una pecca se si riescono a proporre passaggi così brillanti e arditi in maniera naturale e fresca. Le parti cantate sono misurate ma quando presenti non abbassano la media, anzi. E difatti Return to the Cold Sea of Nothing e The Pear-Shaped Man sono tra i momenti più significativi di Of Things That Never Were. L’esordio dei The Worm Ouroboros (targato AltrOck/Fading) è un lavoro con uno sguardo sincero sui settanta, ma non appare nostalgico, probabilmente per la vivacità e la classe dei musicisti e non si può far altro che rimanere positivamente colpiti da questa nuova realtà bielorussa, che può trovare tanti estimatori in questi anni di riscoperta del progressive rock dal sapore vintage. (Luigi Cattaneo)
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